Siamo tristemente fieri di pubblicare questo comunicato, anche se non avremmo mai voluto trovarci nella situazione di doverlo fare.
A seguito degli avvenimenti che stanno sconvolgendo ancora una volta il Medio Oriente l'associazione Prima Materia, attraverso la voce unanime dell'assemblea, ha deciso di esprimere una posizione di condanna della violenza a cui stiamo assistendo quotidianamente.
Con l'augurio e la speranza che non ci sia mai più bisogno di comunicati di questo tipo invitiamo tutti i soci, i simpatizzanti, le associazioni del territorio che si riflettono in queste parole a sottoscriverle, commentarle e condividerle.
Il nostro auspicio è che la voce di dissenso da parte di tanti cittadini della società civile riguardo la gestione del conflitto in corso, l'appoggio internazionale, il finto sostegno umanitario ed anche la narrazione giornalistica sui fatti e gli avvenimenti, raggiunga i centri politici ed amministrativi, i salotti e gli uffici dove vengono prese decisioni che riguardano la vita di migliaia di persone.
Montespertoli, 4 novembre 2023
Comunicato pubblico sulla posizione dell'associazione riguardo i recenti avvenimenti in Medio Oriente
La scia di violenza che sta segnando il Medio Oriente ci richiede di assumere una posizione chiara e di esprimerla con coraggio, senza rimanere in un silenzio complice dettato dall'ignoranza o dalla “comodità” di poter girare la testa dall'altra parte. In quanto associazione che promuove volontariato, solidarietà sociale, cultura ed aggregazione è urgente per noi dare voce al forte grido di dolore e, soprattutto, di ingiustizia sociale che si leva dal popolo palestinese.
Grazie agli interventi di cooperazione attraverso la musica, l'associazione Prima Materia di Montespertoli ha maturato oltre 15 anni di esperienze dirette al fianco del popolo palestinese attraverso gli insegnanti, i volontari ed i nostri stessi figli. Abbiamo esperienza della vita quotidiana nei territori palestinesi occupati militarmente da Israele e nei campi profughi del Libano: conosciamo le sofferenze delle famiglie, con le loro discendenze, che sono state cacciate dalla loro terra e che ancora vivono all'interno di campi istituiti 75 anni fa.
Oltre alle sofferenze conosciamo anche le loro aspirazioni e rivendicazioni, la spinta a preservare la propria identità culturale e nazionale e la richiesta di non essere dimenticati e spazzati via come popolazione.
Crediamo con fermezza che nessun dolore valga più di un altro: nessuna vittima “pesa” più di un'altra e non esiste una sofferenza di serie A e di serie B, parlando di vite interrotte nella violenza e nel terrore, tuttavia le distinzioni sono necessarie. Nel campo dell'educazione Don Lorenzo Milani, illustre concittadino di cui riconosciamo la profonda sensibilità verso le persone più fragili e dimenticate, ci insegna che “non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”. Allo stesso modo siamo convinti che sia necessario riconoscere le disuguaglianze che si esercitano nei rapporti di potere, che si materializzano sui corpi delle singole persone e sull'esistenza stessa di un'intera popolazione.
Oggi, nel valutare le possibilità a disposizione degli attori in gioco, vediamo una popolazione sotto assedio da decenni, armata di strumenti limitati e grande determinazione ed uno stato-nazione con l'arsenale più avanzato al mondo e appoggi istituzionali internazionali.
Condanniamo tutte le azioni deprecabili e violente che stanno creando una scia di dolore tra gente comune, donne, uomini e bambini che hanno accomunato le traiettorie delle loro vite solo nel solco di una tragedia indescrivibile.
Tuttavia non cadiamo nella fallacia di considerare il 7 ottobre come data d'inizio di questa catena di atrocità, perché sappiamo che la storia recente è il risultato di decenni di sopraffazioni, uccisioni mirate, incarcerazioni sommarie, risposte sproporzionate a forme di lotta violente e non violente, nella ricerca di autodeterminazione. Lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite, pur condannando gli atti di terrore di Hamas, ha voluto sottolineare che queste deprecabili azioni non nascono dal nulla, dato che “il popolo palestinese è stato soggetto a 56 anni di occupazione soffocante”.
Per questo respingiamo con forza la narrazione di certi organi di informazione, “intellettuali” e personaggi politici, che accostano in modo superficiale e strumentale Hamas e l'Isis, o che riducono tutti i tentativi di resistenza di un popolo sotto occupazione militare, siano essi violenti o non violenti, a meri atti di terrorismo o minacce per la sicurezza.
Non accettiamo la polarizzazione esasperata, la retorica da talk show del bianco-o-nero che vuole appiattire differenze e sfumature creando la finzione di una battaglia tra il Bene inequivocabile e il Male assoluto. Rifiutiamo il ricorso alle religioni come pretesti di attacco o difesa e l'utilizzo deliberato di etichette atte a screditare le voci non allineate, che causano in modo strumentale disinformazione su concetti come Giudaismo, Sionismo, Antisemitismo.
Conosciamo il diritto internazionale a cui fa appello senza sosta il popolo palestinese per il ritorno alla propria terra, il riconoscimento e l'autodeterminazione della propria nazione. Siamo allo stesso tempo consapevoli di come quelle stesse risoluzioni siano disattese, denigrate o calpestate insieme agli organi che le emettono, recepite con pesi e misure diversi a seconda che riguardino “amici” o “nemici” dell'Occidente.
Per questo prendiamo le distanze da chi garantisce il “diritto all'autodifesa” di un popolo che detiene ed esercita quotidianamente il potere di eliminare a sua volta un altro popolo nell'indifferenza o, peggio, nella legittimazione di altri attori statali e sovranazionali.
Crediamo invece che la conoscenza, l'informazione e la condivisione siano i canali per comprendere quanto sta accadendo, condannare tutte le forme di violenza e promuovere il dialogo e la mutualità. Crediamo che le ingiustizie debbano essere condannate e sanate, che la vera ricerca di pace passi attraverso l'interruzione immediata di ogni sopraffazione, che prenda il nome di occupazione, terrorismo o “legittima difesa”.
“Restiamo umani”, scriveva l’Italiano Vittorio Arrigoni da Gaza e noi seguiamo il suo appello: ci impegniamo per il dialogo, contro la polarizzazione e la presa di posizione unilaterale da parte di quasi tutte le istituzioni. Restiamo umani rispettando i bisogni universali di tutte le parti e troviamo soluzioni che si basino sulla conoscenza, l'ascolto e la comprensione.
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Assemblea e Consiglio di Prima Materia
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Laura Tiso, Montespertoli
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Emiliano Nigi, San Casciano VP
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Profondamente giusto
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