Comunicato stampa del progetto Music and Resilience
L'aggravarsi della situazione in Medio Oriente e l'inasprimento in Libano della pressione militare israeliana ci obbligano ad una riflessione e ad alcune considerazioni.
Music & Resilience, progetto promosso dall'associazione Prima Materia APS di Montespertoli (FI), svolge dal 2012 iniziative di cooperazione internazionale in Libano con l'obiettivo di sviluppare risorse musicali nelle comunità rifugiate. Negli anni e durante le nostre permanenze abbiamo avuto esperienza delle molteplici difficoltà dovute al contesto instabile del Paese dei Cedri, tra queste le difficili condizioni di vita all'interno dei campi profughi; l'arrivo di ondate di rifugiati dalla vicina Siria; le conflittualità interne agli stessi campi palestinesi ed alla società libanese, sempre in bilico tra difficili relazioni politico-confessionali; la paralisi imposta dal fenomeno Covid e, negli anni recenti, l'esplosione al porto di Beirut e la depressione economica che ha attanagliato il Paese trascinando con sé interi settori produttivi e fasce di popolazione.
La portata dell'intervento militare israeliano ha travolto dunque una popolazione civile già allo stremo, provocando ad oggi l'evacuazione di oltre un milione di persone secondo le Nazioni Unite, un numero colossale considerando una popolazione complessiva stimata a poco più di 4 milioni di abitanti. Tra questi vi sono diverse centinaia di migliaia di profughi palestinesi (stimati tra 200.000 e 450.000), residenti mai riconosciuti nella cittadinanza del Paese. La loro stessa permanenza in Libano è il risultato di uno sradicamento violento (naqba, catastrofe) avvenuto 75 anni fa alla fondazione dello Stato ebraico ed i campi profughi in cui hanno trovato rifugio hanno conosciuto a loro volta ondate di violenza, eccidi e massacri (Tel al Zaatar 1976, Sabra e Shatila 1982, Nahr el Bared 2007). I campi sono gli stessi che oggi, a 75 anni dalla loro fondazione, sono nuovamente costretti all'evacuazione forzata dalle minacce dell'aviazione, dell'artiglieria e dell'esercito israeliani.
Con voce consapevole ed informata vogliamo quindi esprimere, attraverso questo comunicato, la nostra preoccupazione per l'evolversi del quadro di violenza, lo sgomento per la l'aggressività militare israeliana contro le popolazioni civili e, ancor più, lo sdegno per la totale impunità in cui il progetto sionista viene esercitato. Vogliamo biasimare l'inefficacia delle organizzazioni sovranazionali, messe sotto attacco e svuotate di senso dagli stessi attori che dovrebbero difenderne l'istituzione.
Vogliamo condannare l'ipocrisia della nostra politica nazionale di palazzo indipendentemente dal colore, dallo schieramento e dal posizionamento, incapace di far seguire una sola azione politica a vuoti comunicati di circostanza e complice nell'invio costante di armi all'aggressore. Vogliamo esprimere rammarico per il linguaggio ed i contenuti di certa parte della stampa, che riporta in modo supino le veline dell'esercito occupante ritraendolo, all'occorrenza, quale “vittima” o “salvatore” mentre, dall'altra parte, tratteggia come “terroristi” le persone che per prime, sulla propria pelle da generazioni, subiscono il peso dell'occupazione e delle pressioni militari. Vogliamo esprimere indignazione per la retorica ormai consolidata che, utilizzando l'accusa infondata di antisemitismo, getta discredito su qualunque forma di contestazione o di sostegno ai popoli martoriati ed è usata per legittimare un'ondata repressiva di portata transnazionale.
Non solo siamo preoccupati che “un'altra Gaza” possa iniziare con una ancora in corso, e che ciò possa accadere indistintamente in Libano, Cisgiordania, Yemen, Siria o persino Iran ma che la nostra società continui a voltare la testa dall'altra parte, avalli nel silenzio politiche coloniali folli e criminalizzi chi denuncia quanto accade. Non vogliamo sentirci partecipi né complici di una società che non è in grado di riconoscere e condannare un massacro indiscriminato che avviene sotto i propri occhi, ben documentato ed accessibile dagli smartphone di tutti.
Il progetto Music & Resilience, i suoi volontari e le sue volontarie si schierano invece al fianco di chi, quotidianamente, cerca di portare sollievo alle vere vittime delle azioni militari e a chi vuole raccontarle nella loro cruda realtà, a chi svolge con passione, onestà e dedizione il proprio lavoro di medico, giornalista, cooperante, insegnante, assistente sociale ecc. al costo di diventare bersaglio di discredito e di violenza diretta. Praticare Musica di Comunità ci ha insegnato il valore dell'ascolto e della pluralità, la ricchezza comune che deriva dall'integrazione delle differenze e l'importanza del dialogo come forma principe di risoluzione dei conflitti. Su questi valori il progetto basa il proprio impegno da oltre un decennio e prova ad offrire alternative a persone che nascono e crescono nella deprivazione ormai da quattro generazioni.
I giovani che si siedono fianco a fianco per suonare in orchestra sono gli stessi che, ogni giorno, attraversano checkpoint militari ed incrociano più volte la loro strada con camionette blindate e soldati. Sono gli stessi che con difficoltà, giorno dopo giorno, cercano di guadagnarsi uno spazio all'interno di un Paese già in grave crisi. Ora che tanti villaggi del Sud sono stati rasi al suolo insieme a interi quartieri di Beirut, che sono venuti meno infrastrutture, luoghi di lavoro, abitazioni, sedi istituzionali, rifugi, ospedali, il Libano si trova nuovamente, dopo la sanguinosa Guerra Civile, in preda all'insicurezza ed allo sradicamento al pari della vicina Palestina, mentre un milione di suoi cittadini sfollati si ritrovano a dormire sulle rotatorie delle strade, sul lungomare di Beirut e nei giardini delle città, accomunati forzatamente dalle circostanze alle migliaia di sfollati dei campi profughi.
Music & Resilience denuncia con forza questa politica del terrore e si schiera con impegno al fianco del popolo palestinese, di quello libanese e di tutti gli altri popoli e gruppi sociali vittime di violenza e discriminazione. Auspichiamo che la Musica, forma di espressione universale, possa essere uno strumento di condivisione e partecipazione, possa aprire canali di dialogo e valorizzare l'unità nelle differenze, facendo emergere un senso profondo di umanità, di cui si sente forte la mancanza. Confidiamo in questo linguaggio comune per elaborare strategie di Resistenza ed affrontare il presente con fiducia nel futuro.
Il prossimo 30 novembre sarà proiettato in anteprima presso la sede di Prima Materia il film-documentario “This is our Resistance. In Music we are One” del regista Francesco Corsi, che racconta le iniziative musicali realizzate dal progetto Music & Resilience ad agosto 2024 con i giovani dei campi profughi, quando la tensione tra Israele e il Libano si era già aggravata a seguito degli attentati a Beirut e Teheran. I volontari e lo staff del progetto porteranno la loro testimonianza diretta delle attività svolte e del contesto dei campi palestinesi all'inizio di quest'ultima grave ondata di violenza.
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